Infiorata di Spello, dal 27 al 29 maggio 2005
Venerdì 27 maggio: partiamo da Valdagno verso le 14,30 assieme a Franco Cracco e Carlo Bergamin. Autostrada per PD-BO e poi la E45 per Cesena, Perugina, quindi Spello. Arriviamo all’area di sosta, segnalata, dove ci aspettano Franco Savegnago, Francesco e Pio (l’area, per il priodo dell’infiorata, costa 10€).
Sabato 28 maggio: visitiamo il paese di Spello, nel pomeriggio una passeggiata verso Assisi per una stradina a mezza costa, fra gli ulivi e in serata di nuovo a Spello, per assistere ai preparativi dell’Infiorata.
Domenica 29 maggio: sveglia alle 6 e salita a Spello: il paese è tutto addobbato dei disegni fatti durante la notte con i petali dei fiori: impossibile descrivere la bellezza delle opere. Alle dieci partenza per Fano, poi autostrada fino a casa.
Ci siamo stati, in sei camper del nostro club, siamo andati a Spello, nell’ultimo week-end di maggio; qualcuno è partito al mattino del venerdì ed è riuscito a riservarci i posti nell’area di sosta vicina agli impianti sportivi, dotata di servizi e docce, anche grazie alla disponibilità di Franco Buono, presidente del Camping Club “Cuore dell’Umbria”, contattato telefonicamente.
I grandi parcheggi, un po’ alla volta, si sono riempiti fino all’inverosimile; più di quattrocento camper si sono dati appuntamento qui, provenienti da ogni parte d’Italia, per assistere, per partecipare a questa manifestazione.
Ci sono cose che non si possono descrivere, soprattutto per chi, come me, non è un artista della penna; gli aggettivi meravigliosa, stupenda, eccezionale, incredibile, non possono far comprendere l’aria che si respira a Spello nei giorni del Corpus Domini, i giorni delle Infiorate. Bisogna camminare con calma per i vecchi vicoli del paese la sera della preparazione, guardare vecchi, genitori e figli di ogni età, seduti un po’ ovunque, mentre preparano i fiori, tagliano i petali, li selezionano, mentre altri distendono quasi furtivamente i disegni in carta e li srotolano sui ciotoli e sui mattoni: sono pieni di numeri e di lettere, che indicano i colori, le tonalità dell’opera che sarà, domani, dopo una notte di lavoro. Senti parlare di margherite gialle secche, di fiordalisi freschi, senti il profumo, ovunque, del finocchio selvatico, triturato per fare il verde, una anziana signora ci fa vedere una borsa piena di foglie di edera con due tonalità di verde “ci vuole questa per fare le squame del serpente”, ci dice sorridendo; è tutto un muoversi, un parlare, un discutere sui colori, sulle sfumature. I mastri fiorai spiegano, danno consigli, illustrano il disegno, l’ispirazione, il progetto di un anno. Per tutta la notte il paese intero, inginocchiato nelle strade, sistema con incredibile pazienza i petali dei fiori seguendo le linee e le sigle del progetto. E il mattino dopo, ubbidienti al suggerimento di salire presto al paese per godere con tranquillità il frutto di tanto, effimero lavoro, ci alziamo alle sei e torniamo fra i vicoli, che non sono più gli stessi: il lavoro adesso è più febbrile, bisogna fare presto, alle otto bisogna aver finito perché passerà la giuria, ed è tutto un trionfo di colori, di gioia, della vita. Fotografi ogni cosa, ogni opera, gli ultimi ritocchi, perfino l’attenzione con cui vengono tolti i teli che hanno protetto disegni e disegnatori durante la notte, nella vana speranza di portare a casa, impressa nella pellicola, la forza e la vivacità di quei capolavori, che dopo solo poche ore non esisteranno più. E a casa, riguardando le foto, ti rendi conto che quei colori, quei disegni, quelle effimere opere d’arte, le puoi portare solo dentro di te